Alcuni documenti confermano che già nel 1828 a Sossano esisteva la farmacia dei Thiene, molto probabilmente nello stesso edificio dove si trova ora.
Funzionava, come tutte le farmacie dell’epoca, soprattutto come drogheria ed era l’unico presidio sanitario del paese.
Si vendevano spezie, composti di sali arsenicali e preparati erboristici. Michelangelo ed Odoardo Thiene, padre e figlio entrambi farmacisti, per quasi tutto l’800 gestirono direttamente la loro attività, ricoprendo anche importanti cariche pubbliche in paese.
Non si è a conoscenza di chi per primo formulò la ricetta del famoso impacco per curare la sciatica (Ida Thiene, classe 1904, l’unica erede oggi vivente, afferma che il nonno che ebbe la formula dal famoso cugino, il medico Domenico Thiene), ma è certo che la vera specialista della terapia era la moglie del farmacista Odoardo, cioè Isabella Castellini, sorella del sindaco Ugo.
Il preparato aveva una notevole efficacia e la farmacia di Sossano era conosciuta per tal motivo in gran parte del Veneto. Ma i più grandi estimatori erano gli abitanti del sud Tirolo (qualcuno anche dell’Austria) che spesso arrivavano a Sossano per trovare rimedio alle loro sciatalgie.
Ad Odoardo successe il figlio Dante, il quale, non essendo farmacista, non poteva condurre direttamente l’attività, per cui la diede in affitto prima al dottor Carlo
Concato, poi nel 1912 ad Adolfo Tassello, infine a Ferdinando Golin, nel marzo del 1924. Finché, dopo un triste episodio familiare, la famiglia Thiene decise di vendere nel 1936 la farmacia a Gino Cogo, e si trasferì a Vicenza e poi a Trento.
Oltre all’impacco per la sciatica, i Thiene preparavano delle inalazioni antisettiche contro il colera e nei periodi in cui si manifestava l’epidemia, si incaricavano di
aspergere dei suffumigi (composti da cloruro di calce e acido solforico) negli ambienti pubblici di Sossano. Era una specie di incenso disinfettante, che veniva spruzzato nei locali dove viveva un malato di colera.
Per le malattie più comuni, i Thiene si rifacevano a quello che la Farmacopea Ufficiale di quel tempo suggeriva contro la malaria, l’anemia, l’artrite. La migliore
medicina contro gli attacchi febbrili, però, non si trovava in farmacia, ma era distribuita dal capostradino. Il medico, infatti, per una febbre alta, compilava una
ricetta per poter ottenere una piccola quantità di ghiaccio, conservato nella ghiacciaia comunale o in quella di Romolo Trivella, che se ne serviva per conservare le carni per la sua macelleria.
Quasi un quinto delle persone che entravano in farmacia non avevano di che pagare. Interveniva il Comune al quale i Thiene o i loro successori presentavano
periodicamente il conto. La giunta, ogni anno, compilava l’elenco dei poveri del comune ammessi alle cure gratuite dei medicinali.
Anche il medico e l’ostetrica (chiamata “la levatrice” o anche “mammana comunale”) erano tenuti ad assistere gratuitamente gli ammalati più poveri e per questo
erano pagati dal Comune.
proprietario della farmacia nell’Ottocento.
Giovanissimo partecipò, nel 1848, alla guerra contro gli austriaci.
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